Sindaco d’Italia, o di Forlì

Giugno 1893: Rappresentanti di Comuni e Primi Cittadini convergono nella città romagnola, tra provocazioni, deliberazioni, paste, gelati e balli fino alle tre del mattino


Il 17 giugno 1893 la grandine “ha sperperato ogni cosa” negli “orti suburbani” specialmente “in Villa Romiti”. Tuttavia viene affisso un manifesto in cui si legge: “Municipio di Forlì – III Congresso dei Sindaci”. Si evince quindi che il 18, alle 10 del mattino, nella “Grande Sala di questo Palazzo Comunale” si discuteranno “argomenti che interessano le autonomie dei Comuni” per “rendere più libera, più indipendente, più consona” la loro realtà “nello Stato moderno”. Infatti, “con la estensione del suffragio amministrativo” sarà “chiamato a partecipare alla vita pubblica maggior numero di cittadini”. Tuttavia non s’era fatto conto della “più gravosa tutela” in carico ai Comuni in seguito alla “liberale e reclamata riforma”. Insomma, di queste cose avrebbero discusso sindaci da tutto il Regno in quel di Forlì “onorata e gloriosa di ospitare fra le sue mura gl’illustri rappresentanti le Città Italiane”. Il manifesto è firmato dal sindaco Ercole Adriano Ceccarelli e dalla Giunta, composta da Andrea Morgagni, Livio Quartaroli, Attilio Pasini, Attilio Saffi, Aurelio Silvestrini. Come al solito è l’accurato e curioso conte Filippo Guarini a tracciare il resoconto del momento, annotando pure che “la sera” di quel giorno, “essendo arrivati alcuni Sindaci” si vedono girare due carri “di socialisti che vestiti di nero, e con cappello alto ne fanno la caricatura”. Gli stessi distribuiscono volantini di “poca educazione”, presto sequestrati dalle guardie. Altri socialisti in atteggiamento provocatorio sono visti “al Caffè Ruffilli, alias della Ghita” prendere “il gelato colle mani”. 

Il giorno 18 è tutto pronto: sventola la bandiera sulla torre e al balcone del Municipio e si vedono pure “damaschi alle finestre  e al Palazzo della Provincia”. Alle 9 del mattino, su un carro “con servitore in livrea” gira “il sig. Liguorio Fornasari” accanto a “un giovine vestito in soprabito” a rappresentare “un Sindaco forestiero”. Lo scopo di tale giro è “vedere le bellezze di Forlì”. C’è gran gente che segue quel carro ma lo fa “ridendo”. È dunque una buffonata, e il signor Liguorio “viene arrestato e condotto in questura”. Spacciava qua e là pure una “poesia satirica” fatta stampare a Bologna a sue spese. Il conte Guarini storce il naso all’ennesima smentita della proverbiale ospitalità romagnola, bollandola come “atto poco educato”. Secondo il compilatore del “Diario forlivese”, però, è stato eccessivo pure l’arresto del Fornasari, in effetti sarà rilasciato “la sera verso mezzanotte”. Finalmente, alle 10, “nella gran Sala del Comune ornata con un gruppo di bandiere, fra le quali campeggiano il gonfalone municipale e il busto di Sua Maestà il Re” si apre solennemente il Congresso che tuttavia sarà “non riuscito come si credeva”. Infatti: “di 8382 Comuni, hanno aderito appena un migliaio, di 250 Sindaci o rappresentanti che si attendevano, ce n’è appena 82, de’ quali 41 Sindaci”. Il Primo Cittadino di Forlì, l’avvocato repubblicano Ceccarelli, apre la seduta ed è nominato presidente dell’assise, pertanto, sarà per qualche giorno “Sindaco d’Italia”. Tra gli interventi si registrano quelli del Sindaco di Foligno, di Ancona, Brescia, Pisa e Perugia. C’è poi un rappresentante di Campiglia Marittima che “trae occasione per invitare i colleghi a mandare un saluto a Trento e Trieste”. Un altro ancora desidera solidarietà per il Comune di Imola “testè sciolto dal Ministero Giolitti”. Sentita questa, il Prefetto abbandona la Sala e il presidente scioglie la seduta. La politica spicciola viene messa da parte e alle 14, nella medesima Sala, “si distribuiscono i premii della Gara del Tiro Provinciale” ove nel “premio Reale” si distingue “certo Magagnini, romano”. Alle 16.30, invece, è tempo delle “Corse dei Velocipedi” nel Giardino Pubblico. In tale competizione si distingue “tal Montanari” e “prendono parte dilettanti di Ravenna e Lugo”. Il pubblico “vi accorre numerosissimo”. La sera, invece, “in Piazza” suonano “due Bande” e “si vedono lumi al Palazzo” anche se pare “non bella” la “luce di gas ai fanali”. Gran finale, la serata “al Padiglione del Pestapevar”

Il Convegno prosegue il giorno 19, con “un ricevimento che il Municipio dà in onore dei Sindaci progressisti”. Il sarcastico Guarini nota che l’appuntamento è “una bicchierata” cui interviene un “buon numero di persone, di quelle che non pagano tasse comunali”. Si svolge pure una sessione che propugna l’applicazione dell’imposta progressiva e “si vota che sia accordato il sequestro sul quinto dello stipendio degli impiegati dato a profitto dei Comuni per l’esazioni delle tasse”. 

Il giorno 20 si registra un abbandono di alcuni congressisti, uno dei quali, “annojato del colore politico”, “è partito stamane” con viaggio “in Tramway a spese del Comune”. Tuttavia, nella seduta odierna “hanno votato la facoltà ai Comuni di stanziare nel bilancio un sussidio pei poveri e la reciprocità dei Comuni nell’accogliere gli infermi nei rispettivi ospedali”. 

Nella seduta del 21, il Prefetto “ha portato ai Congressisti il saluto di Giolitti”. In tale contesto “si approvano i criteri per una più esatta determinazione delle incompatibilità nelle cariche comunali” e si vota “perché passi il disegno di legge di concessione di lavori pubblici alle società cooperative” e altre cose. In seguito “si scioglie il Congresso” anche perché se ne sono andati “i più dei Rappresentanti”. Si deciderà che la prossima sede del Congresso, dopo Forlì, sarà nientemeno che Roma. In serata “l’amministrazione provinciale dà un ricevimento in onore dei Sindaci, quasi tutti già partiti” però “si divertono i forlivesi ballando fino alle 3” tra i bagliori della “illuminazione elettrica”, con buon successo del “lauto rinfresco” con la musica delle Bande di Forlì e di Meldola. Anche in questo caso, però, qualcosa va storto, concludendosi il tutto con un “piacevole ritrovo” con abbondanza di “paste e gelati” ma “non senza permali per gl’inviti fatti a casaccio”. 

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