Livia sta con Mario

 88 a.C., Lucio Silla distrugge Forum Livii? Viaggio tra ipotesi nella Forlì di oltre 2100 anni fa


Nel 1678, Sigismondo Marchesi scrisse che Forlì “dalle forze di Silla era stata quasi distrutta”. Il motivo? “Haver’aderito alla parte di Mario”. Due righe scarne dal tono apodittico si scagliano contro il lettore curioso, reo di volerne sapere di più: perché Forlì sarebbe stata contro Silla? E perché avrebbe tifato per Mario?
Ora, lo sforzo è ricordare qualche coordinata di storia romana. 
Alla fine del Secondo secolo avanti Cristo, la Repubblica romana era in preda a una profonda crisi. Da un lato i popolari sostenevano riforme sociali; dall’altro gli ottimati difensori l’ordine tradizionale dell’aristocrazia. Due uomini incarnavano perfettamente queste fazioni: Gaio Mario, il soldato del popolo, vincitore di Giugurta e dei Cimbri, idolo dei veterani e dei contadini; e Lucio Cornelio Silla, nobile raffinato e spietato stratega, deciso a riportare Roma sotto il controllo del Senato.
Nel 88 a.C. la loro rivalità esplose in guerra aperta: fu l’inizio delle guerre civili che avrebbero insanguinato la penisola per anni.

Forlì esisteva già da tempo come Forum Livii, colonia romana fondata lungo la grande arteria che collegava Rimini a Piacenza. Secondo le parole di Marchesi, Forum Livii sarebbe stata “pro Mario”, fedele cioè al partito popolare, e proprio per questo Silla l’avrebbe punita distruggendola. Le fonti antiche tuttavia tacciono. Né Appiano, né Plutarco, né Sallustio, né Velleio Patercolo menzionano Forlì in relazione a Silla. Non esiste un racconto di assedio o distruzione, né alcun riferimento a un episodio di punizione esemplare.
Del resto, durante la guerra civile tra Mario e Silla molte città dell’Italia centrale e settentrionale subirono devastazioni e requisizioni da parte degli eserciti di passaggio. 

L’archeologia, però, ci racconta un’altra storia. Gli scavi mostrano una continuità di vita sorprendente. L’abitato romano non presenta alcun livello di distruzione riconducibile al I secolo a.C.; al contrario, in età augustea la città si arricchì di nuove case, botteghe e strutture pubbliche. Forum Livii non fu dunque rasa al suolo da Silla, e la leggenda della “distruzione” appartiene più alla fantasia storica che alla realtà dei fatti. Infatti, a dirla tutta, Marchesi indicava Scipione Chiaramonti quale origine di questo assunto. Egli, nel 1641, aveva scritto in un pedante Latino rinascimentale il corposo volume “Caesenae Historia”. Qui – ed ecco il bello - non si fa menzione espressa di Forlì. Si lascia intendere che le città romagnole furono devastate dai sillani, e tra omissioni e deduzioni, si capisce che Silla punì duramente quelle che si erano ribellate, con varie pene e gravi confische. Addirittura furono sterminati i riminesi, affinché in Romagna non restasse alcun partigiano di Mario. 
Nemmeno Paolo Bonoli, nel 1661, ci aveva creduto tanto: “In verità seguirono in queste parti (…) molte battaglie e saccheggi tra Mariani e Sillani”. Facendosi forte di fonti storiche come “Appiano, Eutropio, e Livio” ne ricorda il motivo: “essendo rifuggito in questa provincia Carbone” che “colla Romagna, favoriva Mario”. Tuttavia – è ancora lo stesso Bonoli che parla – “non può dirsi che Forlì restasse affatto distrutto”. 

Eppure, l’idea di una Forlì “mariana” — vicina cioè al generale riformatore — non è del tutto priva di fondamento simbolico. Gaio Mario, primo homo novus della storia romana a raggiungere il consolato, rappresentò una speranza per le province e per le classi meno abbienti: aprì l’esercito anche ai proletari, abolendo il requisito del censo e promettendo ai soldati terra e riconoscimento.
Forum Livii era popolata da piccoli proprietari e coloni: una base naturale per il consenso mariano le cui riforme significavano opportunità e cittadinanza piena. In questo senso, il “marianesimo” romagnolo non fu un’ideologia astratta, ma una forma di solidarietà sociale: il sogno che Roma riconoscesse anche chi stava ai margini del potere.
Quando Silla tornò in Italia dall’Oriente nel 83 a.C., portava con sé non solo un esercito potente, ma anche il progetto politico opposto: restaurare l’oligarchia senatoria. Le sue riforme ridussero il potere dei tribuni della plebe, limitarono l’accesso alle cariche pubbliche e concentrarono il controllo politico a Roma. Per le colonie del nord, ciò significò minore autonomia e più imposizioni fiscali. Non stupisce quindi che molti municipi della Cisalpina abbiano accolto Silla con freddezza o abbiano preferito restare neutrali. Forlì, con la sua composizione sociale “popolare”, poteva essere percepita come ostile, e da qui — forse — nasce la voce di una vendetta sillana. Forse partita da Imola, già Forum Cornelii che si dice che da lui (Lucio Cornelio Silla) sia stata fondata o riorganizzata. 
Eppure, anche se Silla non distrusse Forlì, la leggenda conserva un valore profondo. Rappresenta l’idea di una città fiera, autonoma, capace di difendere la propria libertà contro i poteri centrali. Un’eco lontana, ma coerente con la storia successiva di Forlì, città che nei secoli medievali e moderni avrebbe più volte rivendicato la propria indipendenza, sfidando autorità ben più grandi di lei, come per esempio la Roma pontificia, sbandierando un tenace ghibellinismo. 

Se una vera distruzione di Forlì ci fu, essa va cercata molto più tardi. Le fonti medievali e le cronache locali ricordano rovine e devastazioni in età gotica e longobarda, quando le guerre tra Ostrogoti e Bizantini sconvolsero la Romagna. Fu allora, probabilmente, che l’antica Forum Livii venne davvero rasa al suolo.

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