Il professor Santarelli, principe degli ostetrici: una disavventura e tante soddisfazioni per il medico forlivese
La Polizia Provinciale della Legazione di Forlì, nella primavera del 1832, osservava che “le rapine, i furti ed anche le aggressioni si vanno giornalmente aumentando, lacché in particolar modo è da attribuirsi alla miseria generale, ed al numero eccessivo degli oziosi, e malviventi di che abbonda ogni più piccolo paese della Provincia”. A conferma del fenomeno – sebbene con istanze piuttosto diverse - la cronaca che si desume dai bollettini politici del tempo riporta un fatto che riguardò un noto medico ormai dimenticato.
Infatti, il 20 maggio di quel 1832, “sulle prime ore pomeridiane”, il “signor Professore dottor Giovanni Geremé Santarelli Medico e Chirurgo”, colse l’occasione di una bella domenica primaverile per fare una gita “per diporto alla vicina Terra del Sole nello Stato Toscano”. Partì dunque dalla “di lui vasta abitazione confinante in prossimità alle mura urbane” e passò ore liete “colla propria moglie”.
Al rientro a casa, però, la brutta sorpresa: “Circa alle ore otto si avvide che i ladri erano penetrati in essa”. Portarono via, introducendosi furtivamente con “chiavi adulterine”, “molti effetti, gioje, e denari” e “una serie completa d’istromenti di chirurgia”. La Polizia individuò indizi a carico della cameriera di famiglia: Luigia Venturi e, oltre a costei, sul banco degli imputati sarebbero saliti “Veronica Bolognesi vedova Paganelli di Cesena” e, specialmente, quello che pare essere il mandante, il “Medico Chirurgo dottor Gasperoni di Cesena”. Se per quanto riguarda le due donne “sono state già arrestate”, “si stanno praticando delle ricerche pel fermo del Gasperoni” anche “pel ricupero degli effetti involati”.
La vittima del furto commissionato dal collega era un nome noto in città, un paio d’anni dopo il fattaccio avrebbe avviato i lavori di un luogo che per un tempo non troppo esteso fornì spettacoli per i forlivesi: il Teatro Santarelli, appunto, situato dove ora la via Girolamo Mercuriali incontra via Oreste Regnoli, cioè a fianco di San Pellegrino. Tale politeama aveva tre ordini di palchi e loggione, essendo dunque un vero e proprio teatro all’italiana. A dire il vero è discussa la paternità dell’opera, più plausibilmente viene attribuita a un omonimo: l’ingegnere Giacomo Santarelli. Il teatro divenne noto soprattutto per le rappresentazioni carnevalesche e per gli spettacoli di marionette. La sua platea, all’occorrenza, poteva persino essere allagata per mettere in scena giochi d’acqua, offrendo al pubblico attrazioni insolite e spettacolari. Nel 1870 l’edificio venne demolito e solo nel 1905 fu ricostruito, riaprendo con il nome di Politeama Novelli o Pestapevar. La sua nuova stagione, tra spettacoli circensi e cinematografici, fu piuttosto breve: nel 1914 il Comune decise di destinare quell’area alla realizzazione dell’attuale via Girolamo Mercuriali. Il teatro fu quindi abbattuto.
Tornando a cose più certe sul medico, è da dire che era nato a Forlì nel 1779. Santarelli crebbe in un contesto cittadino vivace ma ancora periferico rispetto ai grandi centri accademici. Per un giovane ambizioso, desideroso di conoscere e praticare la medicina, bisognava guardare oltre l’orizzonte delle mura cittadine. Dopo gli studi di base, Giovanni Geremé intraprese il percorso universitario a Pisa e a Firenze, due delle capitali scientifiche del tempo. Qui, fra i teatri anatomici e i dibattiti dei medici più innovativi, si formò come medico e chirurgo, con una specializzazione che avrebbe segnato tutta la sua carriera: l’ostetricia. Il talento e la reputazione del giovane forlivese non tardarono a farsi notare. Al culmine della sua formazione, arrivò per lui una nomina straordinaria: professore di ostetricia presso l’Arcispedale di Santo Spirito di Roma, uno degli istituti ospedalieri più antichi e prestigiosi del mondo. A conferirgli l’incarico fu addirittura papa Pio VI, che aveva intuito l’importanza di dare nuova dignità a una disciplina tanto delicata e fondamentale.
Con lo sconvolgimento sociale e politico portato da Napoleone, ricoprì un ruolo ulteriore: medico-chirurgo delle milizie. Era una medicina dura, lontana dalle aule universitarie, ma che forgiava esperienza e sangue freddo. Con la Restaurazione e il ritorno del dominio pontificio, Giovanni Geremé Santarelli fece ritorno nella sua città natale, Forlì. Qui non si ritirò a vita privata, ma continuò a esercitare con passione la professione di medico e chirurgo. Dopo aver scritto saggi, riprese l’insegnamento: portò la sua esperienza internazionale nelle aule del ginnasio forlivese, dove formò generazioni di studenti all’arte ostetrica. Morì nella sua città natìa nel 1842, donando le sue raccolte alla Biblioteca e ai Musei forlivesi.
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