Con rombo fortissimo

Cronache dalla Forlì del 1871, quando un lungo sciame sismico fa ballare la Città privando i suoi abitanti del sonno


Era il 18 giugno 1871 quando a Forlì, tra le una e le due di notte, “si vede una brillantissima aurora boreale dalla parte di maestro, estendendone i raggi luminosi fino allo zenit”. Insomma, quell’avvio d’estate fu ricco di segni che Filippo Guarini nel suo “Terremoti a Forlì” (1880) raccoglie con dovizia di particolari. E così sarà pochi giorno dopo, il 22 giugno: “alle ore 8.10 si sente una scossa con rombo fortissimo; la seguono pochi minuti dopo altre due più leggere. Oggi nella Cattedrale ha fine un Solenne Triduo di ringraziamento a Maria SS. Del Fuoco per averci salvato dal flagello del terremoto”. E ancora il 23: “Alle 12 ¾ ant si sente una forte scossa sussultoria, seguita nella notte da due altre più piccole”. 


Più ci si addentra nella lettura più par chiaro che in quel 1871 Forlì fu investita da uno sciame sismico iniziato il 30 ottobre 1870, un periodo per il quale “Il nostro Osservatorio al Ginnasio dal 30 ottobre 1870 al 20 marzo 1871 ha notato 183 scosse ben distinte, senza tener conto delle più piccole”. L’estate, poi, fa il suo mestiere. Il 20 luglio, infatti “il caldo e la siccità sono straordinari, giungendo il termometro a segnare nella notte 21° Reamur (26,25 °C) mentre, tanto per cambiare “Scossa sensibile alle 4 ½ antimeridiane, come altra ve ne fu li 14 alle 7 ½ antimeridiane preceduta da altre leggerissime”. 


Se la paura di risultare tedioso impedisce di riportare ogni data e ogni scossa, ci si può spostare all’inizio di quell’anno oscillante. 

All’Epifania del 1871, infatti, ecco alle 11.35 una “forte scossa sussultoria preceduta da rombo sensibile, scossa che avviene al cessare di un’Ecclissi parziale di Luna”. E a Forlì s’iniziano a vederne danni: “Cade il giorno 11 (gennaio) il soffitto di una camera in casa Monti nella via San Crespino, salvandosi miracolosamente molte persone che v’erano sopra, occupate nelle prove musicali dello Spettacolo in corso al Teatro Comunale”. Il 13 gennaio cade “il tetto della rimessa nella casa del sig. Nicola Agostini in via Masotti, forse più pel peso della neve”. Il 19 gennaio “in casa Felici (via delle Torri)” rovina “un tetto con orribile fracasso, ma senza danno d’alcuno”. 


Spicca una coincidenza interessante: in quel gennaio 1871 al Teatro Comunale viene rappresentata con successo la Sonnambula e a Forlì sono ben pochi quelli che riescono a prendere sonno. Infatti, nella serata del 22 gennaio “si sente alle 10 ½ pom una violenta e lunghissima scossa vorticosa, sussultoria ed ondulatoria “. Il conte Guarini descrive “l’orribile spettacolo della ondulazione della Sala e dell’agitarsi straordinario della Lumiera” – fenomeni spaventosi – tanto che “molte donne sono prese da deliquio, ed i più si alzano in piedi atterriti per uscire, ma fortunatamente sono trattenuti da alcuni che nella platea urlano ‘fermi, fermi’”. Non fu una tragedia perché “applaudendo i cantanti che fuggivano, li fanno tornare sulla scena; onde non essendosi che per brevi istanti sospeso lo spettacolo, ognuno ha potuto uscire dal Teatro alla spicciolata, senza darsi ad una fuga pericolosa”. Nel frattempo “lo spavento in tutta la Città è grandissimo” e nonostante ciò “è minimo il danno a confronto della durata ed intensità della scossa che ha segnato al sismografo uno spostamento di 14 millimetri”. In quei giorni “Sono caduti varii camini e qualche pezzo di muro già pericolante; tutti i campanili hanno suonato”. Il curioso, poi, avrebbe posato lo sguardo sulle fabbriche puntellate, sulle travi che sostengono muri nei cortili dei Palazzi. Il “generale spavento” era dunque la cifra di quell’anno, anche il 12 febbraio, quando Forlì dovette sopportare l’ennesima “scossa vorticosa ed ondulatoria” e talora qualche misterioso “muggito sotterraneo”. Guarini, sempre affascinato dal sapere popolare e rispettoso al contempo della cosiddetta scienza ufficiale nota che “in tutti i giorni nei quali la Luna entra in una nuova fase, il terremoto si fa sentire”. Insomma, in fin dei conti, il conte Guarini pone a verbale ogni fenomeno che letteralmente scosse il suolo e il sottosuolo forlivese – eventi prolungati, continuati, ma senza vittime - mentre qualcuno avrebbe potuto pensare a ciò come a conseguenze del 20 Settembre (1870). 


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