Vincitore è l'Immutabile

 La giostra del 1564: i Novanta Pacifici e lo sviluppo ludico delle virtù militari per i giovani forlivesi


Il Palio di San Mercuriale era una tradizione storica di Forlì legata alla celebrazione del suo primo vescovo e patrono, commemorato un tempo il 30 aprile. In passato, questa ricorrenza era accompagnata da un palio e da una corsa di cavalli coinvolgendo la cittadinanza in una festa di forte valore religioso e civico. In questo caso, però, si parla di un fenomeno posteriore sebbene ugualmente da tenere in considerazione se si vuole puntare sull’identità civica di una città smemorata come Forlì. 

La magistratura dei Novanta Pacifici, composta da maggiorenti forlivesi che si occupavano – con le buone o le cattive – di mantenere l’ordine in una città rissosa e divisa, nella seconda metà del Cinquecento si preoccupava pure di coltivare e sviluppare le virtù militari dei giovani forlivesi. Come? Organizzando giostre e tornei, una proposta ludica, idea non certo peregrina se nel frattempo i turchi imperversavano nel Mediterraneo. Si sa, per esempio, che era stata predisposta una “Giostra di Quintana” per il giugno del 1564, aperta a tutti “senza far differenza da Terriero o Forastiero”. I cavalieri locali si sarebbero dovuti presentare “il giorno inanzi alla Bancha delli Signori Giudici et farsi scrivere” mentre chi fosse venuto da fuori avrebbe potuto farlo “il dì medesimo della giostra”. Certo, chi avesse voluto correre si sarebbe dovuto presentare con “cavallo di prezzo et statura tale che sia giudicato degno della giostra” e “in habito et livrea convenienti, armati con armi bianche, con maschera o senza”. La lance dovevano essere “schiette, senza alcuna pittura”. 

Ogni cavaliere poteva lanciarsi tre volte al suono di una “trombetta” con lo scopo di cercare la “botta”, cioè il colpo che avrebbe inflitto al bersaglio con la propria lancia durante la corsa. Il punteggio massimo andava a chi avrebbe colpito “in meggio la buffa”, cioè nel bel mezzo della copertura che fungeva da elmo del fantoccio che doveva essere colpito, o “dalla buffa in su”. Altri punti importanti andavano a chi colpiva “dalla buffa in giù fino al barbozzo”, cioè tra la fronte e la mandibola del “moro”. La paura per il pericolo turco, del resto, incentivava questo genere di preparazione giocosa e di difesa. 

Tra i nomi dei cavalieri che si presentarono a tale occasione i documenti ci segnalano pseudonimi suggestivi: Ophiuca, Oratio, Sincero, Belfiore, Verace, Poca Sorte, Griffone, Cattabrigha, Fortunio, Frenato, Immutabile, Incognito, Niegro, Sfortunato, Brigliolano, Perché, Antonio, Ruggiero, Marfoia, Buono, Nespole. Ma anche altri: in tutto, i contendenti erano 33. Vinse il primo premio, cioè il “velluto morello” con “pendiole et fiocchi” dal valore di “scudi 18 d’oro”, il cavaliere Immutabile, che altri non era che Alessandro Castellini da Forlì in quanto conseguì “6 botte”. La formula della premiazione – così è stato tramandato – iniziava così: “In nome di Dio et della gloriosa madre sempre Vergine Maria, delli Protettori di questa Magnifica et Alma Città di Forlì, San Mercuriale et San Valeriano, et del Diletto Descepulo San Giovanni Avvocato et Protettore del Numero delli Magnifici Signori Novanta Pacifici di detta città et di tutta la celeste et Tromphante Corte del Paradiso”. 

Secondi a pari merito arrivarono: “il cavalliero di Logistilla”, “Enicor de Scielti”, “Cattabrigha”, “Frenato” che toccarono le “5 botte”. I secondi si sfidarono ancora una volta tra loro ed ebbe la meglio il Logistilla, cioè Ludovico Angelieri da Forlì che portò a casa “una collanina d’oro di valore di scudi 9 d’oro”. Primo e secondo, infine “furno honoratamente da tutti gl’altri per tutta la città accompagnati a suono di tromba et a suone di campane dal palazzo con tanto honore et sodisfattione di tutta la città che certo fo un bello spettacolo a vedere”. Entrambi appartenevano a due antiche famiglie nobili forlivesi: i Castellini e gli Angelieri, noti anche come Marcobelli. 

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