Palmezzano e lo Yemen

Un francobollo del 1969 celebra l'artista forlivese. Fu emesso curiosamente dal Paese arabo. In poche righe, si tenta di ricostruire questa vicenda


Un piccolo caso curioso può avere spazio tra queste pagine che tentano di esplorare pieghe di storie locale poco note. Era il 1969 quando lo Yemen emise un francobollo dedicato a Palmezzano. Il fatto dev’essere inquadrato nell’anniversario – il quinto, per la precisione – dell’incontro di Paolo VI con l’Imam a Gerusalemme. Per tale occasione, furono emessi quindici francobolli a tema “Dipinti sulla vita di Cristo” e l’Annunciazione forlivese era il secondo della serie. Una serie curiosa, con un intento forse interreligioso e distensivo per un Paese che, nel corso della sua storia, ha conosciuto per lungo tempo privazioni ed eventi bellici, come la guerra civile che perdura da dieci anni. 

A più di seimila chilometri da lì c’è Forlì, dove Palmezzano era nato alla fine degli anni Cinquanta del Quattrocento in una famiglia di notabili. Fu allievo nella bottega di Melozzo da Forlì, come testimoniato dalla firma “Marcus de Melotius” che appose con orgoglio su alcune sue opere. Dopo aver (forse) soggiornato a Roma insieme al maestro, nel 1492 ricevette la sua prima commissione certa come pittore autonomo: la pala per la cappella di Santa Margherita nella chiesa di Santa Maria Assunta a Dozza, vicino a Imola. Tra il 1493 e il 1494 collaborò con Melozzo alla decorazione della Cappella Feo in San Biagio a Forlì, distrutta durante la Seconda guerra mondiale. Attorno al 1495 si stabilì a Venezia per un periodo, dove la pittura locale lasciò un’impronta profonda sul suo stile. Poco tempo dopo, dipinse il suo capolavoro, l'Annunciazione: la grande pala scelta come soggetto del francobollo si può considerare il frutto della sintesi artistica del forlivese, datata al 1495-96 e celebrata in Romagna come la più innovativa dell’epoca. 
Ormai figura di spicco dell’arte romagnola, il romagnolo raggiunse l’apice della sua carriera nel 1506, quando presentò la sua Pala della Comunione degli Apostoli per l’altare maggiore del Duomo di Forlì, in occasione della visita in città di papa Giulio II. 

“Le opere del Palmezzano sono andate spargendosi nel mondo. Non c’è grande galleria che non ne possegga qualcuna. Ma a Forlì sono restate molte fra le migliori e maggiori” ebbe a dire lo storico dell’arte Roberto Papini presentando la mostra allestita dal Comune di Forlì per la Primavera Romagnola del 1957. Tra queste opere rimaste a Forlì, c’è l’Annunciazione ritratta sul francobollo, una pala d’altare per la chiesa del Carmine ora conservata nella Pinacoteca civica in San Domenico. 
“Guardando l’Annunciazione, - aggiunse Papini - si può affermare che la personalità del Palmezzano s’è sciolta dagli impacci della gioventù e, adulta, canta: canta un suo canto spiegato con accompagnamento di note gravi e solenni”. Lo storico dell’arte poi parla del “colore straordinariamente interessante perché non è fiorentino, né umbro, né veneto” un “colore prezioso, senza opacità”, con “tre toni di azzurro: un azzurro cenere, un azzurro metallico e un misteriosissimo azzurro che non è né l’uno né l’altro”. Si tratta di toni che “sono accordati mediante dei gialli intensi con qualche accompagnamento di rosso, messi in una generale composizione bruna” per giungere a una “consonanza dei bruni, dei toni caldi, dei celesti, dei freddi, per fare apparire luminosamente bianco l’orizzonte e su questo il verde tenue, il verde aspro anche del paesaggio, che viene ad essere illuminato dalla chiarità del cielo”. 

Resta comunque almeno un paio di enigmi. Il francobollo risulta emesso dal “Regno Mutawakkilita dello Yemen” una “monarchia islamica molto rigida, con a capo un imam”, come spiega Wilma Malucelli, giornalista e grande viaggiatrice, erano anni in cui “la capitale era chiusa agli occidentali, capitale le cui porte chiudevano alla sera”. La teocrazia si estendeva attorno alla capitale Sana’a, cioè nel settentrione del Paese arabo, e aveva come contrassegno un pugnale, mentre “Aden e il sud erano ancora in mano degli Inglesi”. Di questo periodo della storia dello Yemen si possono registrare il trattato italo-yemenita per il controllo del Mar Rosso, o la visita del Governatore d’Eritrea Jacopo Gasparini, fatti avvenuti nel 1926. Resta pertanto da chiarire questa difficile inquadratura cronologica: il regno degli imam terminò nel 1962. “Le opere del Palmezzano sono andate spargendosi nel mondo” diceva dunque Papini, e in un certo senso è vero anche attraverso un piccolo francobollo proveniente da un Paese tanto lontano.


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