Rotture di argini e disastri causati dall’acqua nelle cronache del Novacula: il 18 settembre 1487 come il 18 settembre 2024?
Il ponte di Schiavonia sul fiume Montone nel primo pomeriggio del 18 settembre 2024Sfogliando la cronaca di Andrea Bernardi detto Novacula ci si accorge di una coincidenza particolare. Se il 18 settembre 2024 ha lasciato col fiato sospeso molti forlivesi, causando danni per piogge abbondanti e un argine rotto, nello stesso giorno di secoli prima si verificò un fatto simile. Qui si è già trattato di precedenti di alluvioni o cataclismi legati alle acque, però di questi episodi solo un cronista ne tratta: Andrea Bernardi, meglio noto come Novacula.
Novacula, della famiglia bolognese dei Bernardi poi trapiantata a Forlì, cui Filippo Guarini associa un blasone con un bue d’oro in mezzo alle fiamme in campo turchino, parla espressamente, con la lingua del tempo, di “gram pioza” cioè “grande pioggia”. Gabriel de Broglie, accademico francese, assicura che la storia non si ripete ma i suoi appuntamenti si assomigliano. Avrà ragione? Ecco qui dunque qualche esempio simile a ciò che purtroppo, specialmente a chi era stato colpito dall’alluvione del maggio del 2023, è successo nel settembre del 2024.
È, per esempio “gram pioza” nel 1484, quando – era il 7 novembre – piovve in modo tale “che al ponte dal fiume di Schiavania s’andò via e la chiusa di Ladino”. Cioè danni strutturali a due luoghi indispensabili per la vita e per l’economia urbana. Il fiume, inoltre “rope” (ruppe l’argine) in due “loghe al trene de Faienza”, cioè in due punti nel tratto verso Faenza. Novacula giura che “mai non fu viste la mazore cosa”. A conferma di ciò, aggiunge che per colmare la lacuna del ponte inservibile fu necessario “uno ponte postice” fatto su “certe tinaze”; un ponte provvisorio, posticcio, costruito praticamente su botti. Tuttavia, nell’inverno venne una “gram furia del’aqua” e si spezzarono dei cordami, incidente che ebbe esiti letali: “s’anegò certi done”. La Comunità, dunque, “fe’ venire doe barche” e con esse realizzò un altro ponte provvisorio, di barche, appunto, ma “molto forte”. Resistette infatti fino a tutto aprile finché fu edificata una struttura in legno. Cose simili accaddero “al ponte de Vechiazano e quele dal fiume del Ronche” e vennero danneggiati mulini e chiuse di tutta la Romagna. Inutile precisare che Forlì ne patì “gram danne”.
È il primo settembre 1487, invece, giorno di sabato, quando “venne una gram pioza che durò cercha quatre ore, quante più ma’ al cielo poteva”, con “gram copia de venti” per giunta. Risultato? “La portò via tramedue li chiuse da maxenare e tramedui li ponte, ciovè quele da Vechiazano e quele da Schiavania”. Per chi non capisse il forlivese del Novacula, basti dire che la “gram pioza”, tanto per cambiare, causò guai alle chiuse e ai ponti di Vecchiazzano e Schiavonia. Ma non solo: “l’acqua la vene dentre de Forlì per la via del canale aprese al Pelacane” (fatto non nuovo anche per questo secolo), in quella zona c’erano “molte fornaxe” che, a mollo, persero lavoro e guadagnarono “gram danne”. Poi era tempo di vendemmia, con tutto quel che ne consegue.
Martedì 18 settembre dello stesso 1487, tornò la “gram pioza”. E “la durò uno zorne intere e la note, e poi l’altre zorne per infine a meze dì”. Ancora una volta “menò zoxe” (buttò giù) il ponte di Schiavonia, cadde un pezzo “de quel del Ronche” e un’altra parte “de quele de Bagnole”. Tutte le chiuse “da Rimine per infine a Forlivio” furono compromesse. Se la prima “gram pioza”, quella del 1° settembre, aveva dato “gram danne”, quella del 18 “se ne de’ ancora più” perché l’acqua “la vene dentre de Forlì, come di sopra” (cioè ancora nella zona di via Pelacano). Sarebbe stato ancora peggio – conclude Novacula – se Galeotto Manfredi, signore di Faenza, non avesse attuato anni prima un intervento idraulico tale per cui “l’acqua l’aveva portade in suso al suo tenitorio per una bocha che aveva fate al dito fiume”.
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