L'incendio è spento!

Le fiamme divampano a Borgo Cotogni, Forlì è in ginocchio. Finché un ospite illustre risolve il problema: San Bernardo degli Uberti

San Bernardo secondo Baldassarre Carrari, sullo sfondo un Borgo Cotogni "in fiamme"

Leone Cobelli scrive che un “homo caritativo et di santimonia” tanto tempo fa “pervenne a Forlivio”. Si tratta di Bernardo degli Uberti, religioso che spesso è raffigurato con un impeccabile galero da cardinale così come nella pala di San Mercuriale a firma di Baldassarre Carrari dov’è rappresentato insieme con San Benedetto, San Mercuriale e San Giovanni Gualberto. 

L’anno, però, è lontanissimo: il 1087 “al tempo di papa Urbano 6°”, come precisa il cronista quattrocentesco, quando Bernardo, appartenente all’ordine vallombrosano, fu creato cardinale di San Crisogono. In realtà Cobelli si sta avventurando entro un periodo storico molto lontano da lui e commette diversi errori. Urbano VI è un papa trecentesco, semmai si potrebbe riferire a Urbano II, regnante tra il 1088 e il 1099 e che effettivamente lo creò cardinale, ma nel 1099. Lo si perdoni, Cobelli, e si prosegua senza troppe pedanterie. Basti ricordare che con Ildebrando di Soana, cioè papa Gregorio VII (1073-1085) prese avvio la lotta per le investiture, tanto che l’imperatore Enrico IV avrebbe poi sostenuto un antipapa: Clemente III. Tempi di scontri, scismi e di eresie fino a quando divenne papa un forlivese originario della valle del Bidente: Pasquale II (1099-1118). Costui nominò Bernardo legato pontificio per l'Alta Italia, Romagna compresa. L'incarico era difficile: la maggioranza delle autorità civili e religiose, da queste parti, riconosceva la legittimità dell’antipapa Clemente III, figura più propriamente ghibellina. Tra le eccezioni, Matilde di Canossa. Al contrario, Tederico, vescovo di Forlì parteggiava per l’antipapa filo-imperiale, già arcivescovo di Ravenna. Insomma, non fu certo accolto con tutti i favori l’emissario di Roma: ma così poco si sa di certo che è meglio continuare ad ascoltare Cobelli. 

Avvenne che nel corso del suo soggiorno forlivese, “una notte venne un gran vento” e “si apicciò un gran foco nello Borgo de Cotogni”. Non che fosse una novità: erano cose che succedevano spesso ma quella volta “non se posseva per niente ammorzare”. Nessuno riusciva a domare, arginare, spengere le fiamme sempre più aggressive, tanto che il quartiere “bruciava tucto”. Il disastro venne amplificato dal vento che soffiava verso il mare, di modo che l’incendio “si volse verso San Piero”, vale a dire Borgo San Pietro. In particolare fece danni “ove si dice Vigna d’Abbate”, cioè dalle parti di piazza del Carmine, anche lì “tucto bruciava”. 

La comunità sconvolta, tra urla e grida di disperazione, si rivolse a “li signori consuli”, impotenti anch’essi. Così “tucto il popolo” e le autorità si recarono da Bernardo “pregandolo che venisse a veder tante crudeltà e che facesse oratione a Dio che cessasse quel terribile foco”. Egli, “mosso da fervore di carità” raggiunse il luogo “ove era foco”. Quindi si mise “in ginocchioni” e “fe’ orazione a Dio”: “et subito quel foco cessò, et non andò più oltre”. Il fatto destò commozione e meraviglia, tanto che “il populo forlovese” parlò subito di “miraculo”: “tucti i gentilhomini cavalieri, cittadini, artigiani, che havevano case in quelli lochi et borghi et contrate arse et non arse”, insomma, “tucti”, s’impegnarono in perpetuo a “pagare un certo incenso”. Oltre a tale obbligazione, “li signori del reggimento forloveso”, cioè gli amministratori, e “tucto el popolo”, donarono a Bernardo “la chiesa de Santo Mercoriale”. O, meglio, per riconoscenza affidarono l’abbazia all’ordine vallombrosano. 

Pare curioso che altri puntigliosi storiografi locali del tempo che fu, come Sigismondo Marchesi, non riportino quest’aneddoto, preferendo semmai citare altri vallombrosani forlivesi di quegli anni remoti, come Azzo degli Orgogliosi, leggendario monaco crociato dai capelli rossi che sarebbe stato creato cardinale da Pasquale II, suo amico. Paolo Bonoli, invece, scrive qualche riga in merito, attribuendola all’anno 1087. Secondo lo storiografo secentesco, Bernardo, “trasferitosi al luogo e fatta breve orazione al cielo, segnò con la croce le mura ardenti, e l’incendio s’estinse”. Pare più corretto collocare una visita di Bernardo a Forlì come vescovo di Parma verso la fine della sua vita, in quanto “dopo un certo tempo il decto santo morì”, dice Cobelli, cosa che accadde il 4 dicembre del 1133. 

Sul terreno bruciato verso borgo San Pietro, sarebbero state piantate delle vigne di proprietà vallombrosana, da cui il toponimo “Vigna dell’Abate”, oggi completamente scomparso come la memoria di questa storia. Anche grazie al miracolo dell’incendio estinto di Forlì, Bernardo degli Uberti pochi anni dopo la sua morte fu proclamato Santo: oggi è patrono di Parma. 

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