"Io Sindaco? No, grazie!"

Il gran rifiuto del conte Giovanni Guarini che nell’autunno del 1861 era stato nominato Primo cittadino di Forlì

Nell'immagine, un ritratto del conte Giovanni Guarini davanti al Municipio di Forlì

Forlì ha bisogno di un Sindaco. Così si espresse l’Intendente Generale della Provincia di Forlì (incarico che più avanti si sarebbe chiamato “Prefetto”) il 18 ottobre 1861, sette mesi dopo la proclamazione del Regno d’Italia. Come si usava allora, non c’era una vera e propria elezione ma una nomina, e Tirelli, cioè il Prefetto, suggerì (anzi, come si legge nell’atto, ordinò) “che si faccia nella persona del sig. Conte Giovanni Guarini”. I trentanove consiglieri comunali non eccepirono e il 25 ottobre arrivò il consenso dalla capitale Torino. 

Chi era Giovanni Guarini? Si ritrova il suo nome associato a incarichi importanti a carattere locale e nazionale: per esempio sarà Deputato per tutti gli anni Settanta dell’Ottocento e, dal 1884, verrà nominato Senatore del Regno tra le file della destra storica. A Roma promosse la Romagna e la sua Città, proponendo opere pubbliche come la ferrovia Forlì-Arezzo, infrastruttura che sarebbe utile prendere di nuovo in considerazione. Si occupò dei problemi agrari della sua terra con sguardo internazionale: rese Forlì sede di prestigiose rassegne, nel 1870 l’Esposizione agraria-industriale e nel 1876, con Tito Pasqui, l’Esposizione Ampelografica, cioè sulle varietà dei vitigni. Ebbe poi incarichi nella Cassa dei Risparmi di Forlì, come Presidente la rese prima finanziatrice dello sviluppo locale, tanto per citare qualcosa a tema nel 1863 fondò a Forlì una società industriale per gestire l’officina del gas e una fonderia di ferro con buona parte dei capitali forniti dall’istituto bancario. 

Tra i vari incarichi, compreso quello di Gonfaloniere (una sorta di Primo cittadino durante lo Stato Pontificio), però, mancò quella di Sindaco. Alla fine di ottobre del 1861, infatti, pervenne sul tavolo dell’Intendente Generale una lettera manoscritta del Sindaco nominato, si leggeva di “onore” e “fiducia” e, tra le prime righe, sembrava un atto sussiegoso e formale, col classico linguaggio dell’epoca. Tuttavia ben presto Guarini lasciava capire che la sua idea era diversa: che il Governo “si degni accettare la mia rinuncia” a Sindaco. Questo “considerando da un lato la mia inettitudine e nullità, e dall’altro la importanza dell’Ufficio, resa anche maggiore da ostacoli d’ogni maniera, contro cui ho visti venir meno uomini di ben altra capacità e di ben altra lena ch’io non mi sia”. Di sé, il rinunciatario si disse “amante del mio paese, io non mi sono rifiutato ad altri incarichi, che non pochi pur sono, e gratissimi verso i miei meschini talenti” però in questo caso “comprendo e conosco tanto e con sì ferma e sicura convinzione tutte le instrinseche ed estrinseche difficoltà, che assolutamente non deggio e non posso avere il coraggio e la presunzione di sobbarcarmivi”. 

In seguito a tale rifiuto, il ministero dell’Interno con sede in Torino comunicò di non avere “alcuna difficoltà che l’assessore anziano sig. Alessandro Mazzoni continui ad esercitare le funzioni di Sindaco di codesta città” riservandosi “di fare una definitiva proposizione a questo Regio Ministero di provvedere alla nomina del nuovo Sindaco”. L’Intendente Generale, il 27 aprile dell’anno successivo, esplicitò la proposta di un altro nome: il conte Pellegrino Canestri Trotti, “gentiluomo benemerito alla causa nazionale ed affezionato al Governo del Re” e soprattutto “dotato di non comune capacità amministrativa”. 

Dopo questa pronta risposta, però, dalla Capitale non giunsero altre novità tanto che il 7 maggio, il Prefetto chiese al Ministro dell’Interno di attivarsi affinché “si compiaccia di ottenere quanto prima dalla Maestà del Re la nomina del Sindaco di Forlì nella persone del signor Conte Pellegrino Canestri Trotti”. Appartenente al raggruppamento della “Destra storica” nato in una nobile famiglia di possidenti che si era distinta nel Risorgimento. Fu tra i fondatori della Cassa di Risparmio di Forlì, ente in cui ebbe incarichi apicali. Ciò poi, effettivamente, avvenne e qualche mese dopo, il 12 dicembre 1862, l’Intendente Generale della Provincia di Forlì scrisse al Governo due righe su Pellegrino Canestri Trotti, “Sindaco attuale nominato nel corrente anno”: “Le prove date nel servizio di sue funzioni consigliano la conferma di esso”. In effetti, il suo mandato durò un paio d’anni per esser poi nominato Senatore del Regno.  


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