Il segno dei cani solari

Aurora boreale su Forlì? Nel 1485 apparve un fenomeno particolarmente suggestivo che fu eternato dai cronisti del tempo

Il parelio su Forlì del 27 aprile 2023 fotografato da Marco Raggi 
e il disegno dello stesso fenomeno fatto da Leone Cobelli

Il cielo forlivese di questi giorni ha regalato suggestioni come l'aurora boreale. Non volendo fare di questa pagina un trattato di eventi atmosferici, si useranno terminologie facilitate e sbrigative, senza peraltro puntigliare sul fatto che fossero  o meno aurore boreali quelle che hanno colorato la sera della domenica appena trascorsa: una pennellata di rosso che ha destato stupore perché non è cosa di tutti i giorni assistere a uno spettacolo simile da queste parti. E il giorno dopo, la volta celeste è stata graffiata da un bolide particolarmente luminoso: una scia lunghissima, verdastra, lasciata da un meteorite diretto a terra. Le luci della città contemporanea smorzano le possibilità di notare simili spettacoli. Nei cieli più tersi e puliti di tanti anni fa, anche dal campo dell’Abate, ossia l’odierna piazza Saffi, era possibile assistere a fenomeni che lasciavano a bocca aperta, raccontati con la meraviglia propria di chi sa ancora osservare il creato. 

Cronisti medievali riportano che nel lontano 1485, gli antenati a naso in su videro nel cielo forlivese uno spettacolo degno di essere trascritto. L’osservatore è Leone Cobelli, egli afferma che il 14 marzo di quell’anno, sulla piazza di Forlì apparve “uno signo”: si poteva vedere “un cerchio bianco con tre sole”, per meglio dire “el sole magiore resplandente” e gli altri “non cossì resplandenti”. A questo fenomeno bizzarro si aggiunse “uno arco baleno e una stella”. Per far capire meglio il lettore che, a tutti gli effetti, resta confuso da tale descrizione, aggiunse un disegno. In più precisa che questo segno “apparve per dui dì a la fila”. Ciò fu visto “da tucto el populo forlovese” durante le ore del giorno mentre “era sereno”. In particolare “tra la tercia e la nona”, cioè tra le nove del mattino e le tre del pomeriggio. 

Non è dato sapere come il “signo” sia stato interpretato dalla giovane Caterina Sforza cui, benché allora fosse poco più di una ragazza data in moglie a Girolamo Riario, sicuramente certi eventi non erano indifferenti. E non lo erano nemmeno per i concittadini se anche Andrea Bernardi detto Novacula con parole sue conferma ciò che aveva visto Cobelli, cioè un “gram miracole int al cele”. Il sole “aveva uno gram cerchie bianche intorne”. Tale alone, “come l’ochie del prefate sole”, appariva “rose e bianco”. Accanto, si vedevano “dui altre sole picole senza raze” ed erano “de tri colore, zoè azure e zale e rose”. Lo spettacolo fu “manefeste a hogne persona” almeno “infine a hore 17” del 14 marzo mentre il giorno successivo tornarono i cani solari ma “senza quile circhie”. Per l’attento Novacula non si trattava di un buon presagio, in quanto “in queste prexente anne le inflovencie celeste” furono “discordante inseme”. 

Di che tipo di visione si trattò? Ebbene, non sarebbe nemmeno un fenomeno così raro, benché certo, in determinate condizioni, possa destare meraviglia. Per una rifrazione della luce solare in cristalli di ghiaccio sospesi nell’aria, si formano immagini speculari del sole, quasi suoi cani da guardia, spesso uniti da un arco, da un alone che riverbera colori iridescenti. Pare proprio essere una descrizione del “parelio”, ciò che si chiama, in modo immaginifico, “cani solari”. Così conferma Claudio Lelli del Gruppo Astrofili Forlivesi, trovando nelle parole degli antichi cronisti chiari indizi sovrapponibili a manuali di meteorologia. Come, per esempio, il testo “L’aria” di Francesco Vercelli (1933) che spiega come “sole e luna ci appaiono talora circondati da anelli luminosi, simili a piccoli arcobaleni circuenti la sorgente lumonosa” e “assieme agli anelli concentrici all’astro si possono avere archi eccentrici e globuli luminosi che si presentano in posizioni ben determinate rispetto all’astro”. Il 27 aprile di quest’anno, a Forlì, i più accorti hanno potuto assistere a questo spettacolo.

Inoltre, la consulenza di Claudio Lelli porta a scoprire che in tempi recenti sono state viste aurore boreali su Forlì in altre circostanze: per esempio il 13 marzo 1989. In città il tempo era nebbioso e, a dire il vero, non si vide nulla. Invece, nel nostro Appennino, lo spettacolo fu molto simile a quello di cui nei giorni scorsi s’è tanto parlato, sempre tinto di rosso. Altre aurore boreali sui nostri cieli si videro nel 1939 e nel 1957 e, più recentemente, anche nel 2003 sebbene in modo poco vistoso e con cielo parzialmente nuvoloso. 

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