Così Forlì perse il mare

La “rotta dei Veneziani” del 1243 confermò la forza dei forlivesi che però dovettero rinunciare a Cervia


Nel 1243 “li veneciani fecero un grande exercito contro forlovise, et andoro et tolsero Cervia che se tenea per forlovesi”. Così Cobelli, sintetico come non mai, risolve una questione poi approfondita da altri ma che, insomma, ne è il succo. Se Forlì non ha sbocco sul mare è anche a causa di questo episodio. È da ricordare, però, che si tratta di una Cervia molto diversa: la città di cui si parla, infatti, era collocata in mezzo alle saline, fonte di ricchezza e bramosia da parte delle città vicine. La località passò spesso di mano, fino a uscire definitivamente dall’orbita forlivese verso la metà del Trecento.  Per sapere qualcosa di più di questa vicenda, però, bisogna sfogliare altri cronisti. 

La Forlì di quegli anni è forte e ambiziosa, il suo dominio si estende fino al mare: Cervia, come detto, e le sue importantissime saline. Influenza o possesso che persisteva, seppure a fasi molto alterne, fin dal remoto VII Secolo. La Venezia del doge Jacopo Tiepolo aveva diversi interessi sui territori che si affacciavano sull’Adriatico, detto anche “golfo di Venezia”, appunto. Il Bonoli, chiedendosi cosa volessero, da queste parti, i veneziani, immagina che la loro azione fosse stata suggerita “forse a persuasione del legato del papa”, per meglio dire: “procuravano lentamente insignorirsi della Romagna”. È anche plausibile che “con sano intendimento pretesero troncare a questa città il potere che, aumentandosi di giorno in giorno, poteva col tempo essere di qualche entità ai loro affari”.

In poche parole, Forlì era un fastidio e doveva darsi una regolata. I veneziani entrarono dunque in Romagna per lasciare terra bruciata attorno alla città di San Mercuriale. Inizialmente punteranno, per dirla con Marchesi, sulla “parte della Provincia massime depressa”, assoggettando Cesena e Faenza, per poi sferrare l’attacco contro la “parte più sensitiva”. In poco tempo, dunque, Forlì fu messa in stato di assedio. Questo perché i veneziani avevano la certezza “di farsi della Provincia tutta facilmente Signori”. Sembrava un’operazione di poco conto ma i forlivesi non cedettero: non solo seppero resistere dentro le mura, ma “con valoroso ardire sortirono spesse volte fuori della Città, combattendo à campo aperto”. Seguirono “sanguinose zuffe” con vittime da ambo le parti. 

Si capisce che le cose andarono per le lunghe fino a quando Venezia, esasperata dalla tenacia dei liviensi, decise di togliere l’assedio. Lo smacco per il doge fu fortissimo e la reazione che la Serenissima ebbe contro Forlì fu prendersela con Cervia. Costruirono una fortezza ai bordi delle saline ed ebbero vita facile nello smantellare il presidio dei forlivesi che ancora si stavano leccando le ferite dell’assedio. Così, con livore, venne sottratta Cervia a Forlì. Tuttavia la “rotta de’ Venetiani” fu cosa che impressionò in modo considerevole e per lungo tempo. Ne scriverà, per esempio, Ariosto. L’autore rinascimentale menzionerà l’episodio in una delle “stanze” che raccontano episodi salienti della storia d’Italia dalla caduta di Roma al suo tempo. Dei forlivesi scriverà: “Ancora rompe al Vinizian la fronte, / ch’il Campo sotto gli è venuto a porre”.

Inoltre dedicherà un’intera ottava alla vicenda, questi versi sarebbero dovuti entrare a far parte del Canto XXXIII dell’Orlando Furioso, cosa che poi non avvenne: 

“Si vede altrove che Bologna ha guerra

col Vinizian, ch’usurpa i mari e i porti;

si vede altrove che d’intorno serra

i forlivesi e fa lor mille torti,

e che quel popul salta da la terra

ed ottomila bolognesi ha morti;

altrove par che quel medesmo uccida

ottocento guerrier, ch’un Guido guida”.

In effetti, il tempo di Guido da Montefeltro arriverà presto. E fu proprio lui, il 29 giugno del 1275, a  rinconquistare Cervia per Forlì. Vi si acquartierò e, nel giro di quattro giorni, la ebbe. Ma la storia si sa poi che finirà col relegare Forlì all’entroterra, per una serie di cause cui non poté opporsi la fierezza dei liviensi di una volta. E anche in questo caso le rime dell'Ariosto sono esplicite: “Par che 'ntanto il pontefice smantelli / Forlì, perché mai più non si ribelli”. In seguito fu attribuita amministrativamente a Forlì l'intera fascia costiera da Cesenatico a Cattolica finché, negli ultimi anni del Novecento, fu deciso di mortificare l'orgogliosa città ghibellina di un tempo che, dal medioevo, non ha saputo confermare un suo proprio scalo marittimo. A parziale compensazione di tali vicende storiche e perché poi, alla fin fine, è così, oggi non sarebbe insensato promuovere il nome alternativo "Forlì Mare" per Lido di Classe, un po' come recentemente è stato fatto per Lido di Savio, rievocato rispolverando il toponimo "Bologna Mare". Con l'estate ci si può concedere qualche amenità. 

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