Il "cuore d'oro" di Forlì

Chi sa che qui venne fondata la prima accademia letteraria italiana? Giacomo Allegretti e la sua attività culturale

Scorcio di via dei Filergiti e stemma degli Allegretti

Certo che Forlì quando ha dei talenti li tiene ben nascosti. A maggior ragione quando si tratta di nomi del passato, passato che è lì a portata di tutti, se mai ci fosse la volontà di conoscerlo e metterlo a frutto per il futuro. Insomma, questa città può vantare un primato che nessuno ha mai fatto valere nemmeno come pretesto per rinvigorire il nome di Forlì: qui venne fondata la prima accademia letteraria italiana. Padre di questa iniziativa, Giacomo Allegretti. Era il 1370, e ne facevano parte: Francesco da Calboli, Azzo e Nerio Orgogliosi, Giovanni de’ Sigismondi, Andrea Speranzi, Rinaldo Arsendi, Valerio Morandi, Giovanni Aldobrandini, Spinuccio Aspini, Paolo Allegretti. Qualche accorto appassionato di storia locale avrà notato l’assenza di un cognome importante. Non c’è nemmeno un Ordelaffi tra gli intellettuali? Qui nasce un problema: che l’Accademia fosse sgradita alla famiglia dominante?

Gli Allegretti, nel cui blasone campeggiava un cuore d’oro, stavano da sempre dalla parte guelfa. Le storie della stirpe iniziano con Mazzone, il cui nome si è tramandato perché prese parte alla Crociata del 1095. Si distinsero poi Paolo di Niccolò, professore di medicina (1324) e, appunto, Giacomo o Jacopo che dir si voglia, nato a Forlì negli anni Venti del Trecento, figlio del giudice Leonardo. Nel Quattrocento invece, nella stessa casata, si distingueranno il medico Guglielmo e il notaio Pier Francesco. Probabilmente risiedevano nella parrocchia della Trinità, dal momento che l’ultima esponente di questa famiglia, Margherita, moglie di Lodovico Aspini, aveva il patronato della cappella dei santi Simone e Giuda nella chiesa di piazza Melozzo.

Tornando a Giacomo, costui, definito da Guarini “astrologo e poeta degno d’eterna fama”, fu il fondatore nel 1370 dell’Accademia che sarà detta “dei Filergiti”, cioè degli “amici delle opere”. Il carattere dell’istituzione non era solo letterario ma pure scientifico e v’è da dire che, nel corso della storia, fu rifondata più volte fino a esaurirsi alla metà dell’Ottocento. Gaetano Rosetti, nelle sue “Vite degli uomini illustri forlivesi” scrive che l’Accademia di Allegretti, “la prima che siasi mostrata all’Italia”, era aperta “a quelli fra i Liviani che per avventura intendessero di esporre, e fare di pubblica ragione le loro poetiche fantasie, e i dolcissimi sensi delle prose di amore”. Lo studioso forlivese, dunque, mostrava “una sottilità di mente singolare” ed era apprezzato perfino dai ghibellini che in lui vedevano “l’uomo eruditissimo, assai tenero delle muse, a niun altro secondo per isquisitezza di modi, per soavità di consuetudini, e per una certa benevola espressione di volto, che all’amore di sì conquistava tantosto le persone”. Pare dunque che il cuore d’oro del blasone riflettesse nel viso dell’antico letterato forlivese noto, a quel tempo, in tutta Italia. Curiosamente, non fu – almeno intenzionalmente - un cervello in fuga, anzi, cercò in tutti i modi di fare qualcosa di bello per la sua città. Infatti, prima di fondare i Filergiti era lettore di filosofia a Bologna (1357) e di dialettica a Firenze tra il 1358 e il 1365 e poi scelse d’insediare a Forlì l’attività che più l’avrebbe contraddistinto. 

Non si dimentichi che il Trecento forlivese è un secolo assai fazioso: chi è guelfo può anche togliere il disturbo. In un primo momento – va detto – l’attività culturale dei Filergiti è tollerata e, anzi, ben vista da Sinibaldo Ordelaffi che sembrava incoraggiare tale esperienza. Finché, nel 1376, gli Allegretti vennero messi al bando perché guelfi, la loro casa fu saccheggiata e i beni confiscati. Tuttavia era tanta la fama di Giacomo che gli fu concesso di tornare a Forlì: chi lo trovava, da queste parti, uno tanto dotto in filosofia, astrologia e medicina? Anzi, entrò proprio a far parte della corte Ordelaffi. Poco meno di dieci anni dopo, però, accadde un fattaccio: donna Venanzia, la moglie di Pino II, scalpitava per il potere e vedeva come unica soluzione una congiura contro Sinibaldo, zio del marito. Non si sa se l'erudito abbia origliato qualche discorso inopportuno oppure – come è più suggestivo immaginare – si sia rivolto alla consultazione delle stelle, fatto sta che rivelò al Signore una profezia terribile, secondo la quale presto sarebbe stato ucciso dai nipoti Pino e Cecco. Era credibile, era pure astrologo, e sicuramente aveva buon udito ma non fu creduto. Anzi, in quel 1384 fu arrestato come menagramo: si erano addensati su di lui sospetti, era pur sempre un guelfo e storicamente la sua famiglia avversava gli Ordelaffi. In effetti la profezia si avverò due anni dopo: Sinibaldo fu imprigionato dai nipoti e qualche mese più tardi sarebbe morto avvelenato. Giacomo riuscì a riparare a Rimini dove continuò nelle sue attività culturali e ivi morì nel 1393. 

Ma che altro si sa di quest’uomo, perché meritava tanta fama? Ora come ora, per la sensibilità contemporanea, sarebbe un autore ostico, difficile: compose quasi tutto in latino. Tra le sue opere si può citare il “Falterona”, oltre trecento esametri per un carme a sfondo mitologico-pastorale con allegorie politiche. Chi ama la sintesi può accontentarsi della presentazione che Filippo Guarini manoscrisse a margine delle sue genealogie di famiglie patrizie: “Ebbe costui la sorte di ritrovare gli Endecasillabi di Cornelio Gallo, ed il talento di comporre una così egregia Bucolica che, nel genere pastorale, dopo quelle di Virgilio supera ogni altra”. Il forlivese sarebbe dunque inferiore soltanto alla guida di Dante? La sua nomea di “secondo Virgilio” è legata al “Bucolicon”, opera perduta o attribuita erroneamente ad altri. Per essere onesti occorre dire che il primo ad azzardare un paragone così elevato fu un suo concittadino: Flavio Biondo. Eccesso di zelo campanilistico? Chissà. Vero è che occorrerebbe rinverdire la memoria sul primato che vede Forlì come sede di quella che forse è davvero la prima accademia letteraria e scientifica che sia sorta in Italia. 

Commenti