A Fulcieri l’onore del Pantheon

La cronaca dei funerali solenni a Forlì del giovane eroe Paulucci di Calboli morto in Svizzera il 28 febbraio 1919

Il Pantheon dei forlivesi illustri all'interno del Cimitero Monumentale e Fulcieri

Il 5 marzo 1919 per le strade forlivesi si leggeva quest’annuncio a firma del sindaco Bellini: “La salma è partita da Berna per arrivare a Forlì domani, e la Vostra Amministrazione ha disposto di riceverla nel Palazzo Civico fino al giorno della tumulazione, onde tutti possano renderle il dovuto omaggio”. Si precisa poi che “dall’ora dell’arrivo la popolazione sarà avvertita mezz’ora prima, mediante il suono della campana maggiore, che si ripeterà durante il trasporto” e, infine, una promessa: “La Giunta proporrà al Consiglio che alla memoria dell’Eroe sia reso l’onore del Pantheon, e che sia intitolata al suo nome una via della Città”. L’Eroe di cui si tratta è Fulcieri Paulucci di Calboli. 

Era nato a Napoli ventisei anni prima, discendente dell’inclito casato forlivese con un futuro da ambasciatore promettente e bello che spianato. Prese tuttavia sul serio il suo animo patriottico e, allo scoppio della Grande Guerra, si arruolò volontario. Il suo rango lo vedeva bene in cavalleria però egli volle essere in prima linea in fanteria. Si coinvolse in azioni pericolose tanto da ferirsi più volte con schegge di granate fino a essere dichiarato inabile alle fatiche di guerra. Nonostante questo, trovò il modo di rimanere sul fronte e in un’ulteriore azione eroica a Dosso Faiti venne colpito da una pallottola che gli perforò la spina dorsale. Anche in sedia a rotelle incitava gli italiani alla riscossa dopo Caporetto, parlando nelle fabbriche, nelle scuole, nelle piazze e diventando una figura nota anche oltre i confini nazionali. Il suo precario stato di salute, però, lo espose alla malattia che lo uccise: l’erisipela, un’infezione acuta della pelle. Ricoverato in Svizzera nel sanatorio di Saanen, nel Canton Berna, vi morì il 28 febbraio 1919, due giorni dopo il suo compleanno numero ventisei. Il 6 marzo la salma di colui che sarà definito "il santo dei mutilati" era in viaggio verso la terra d’origine della sua famiglia antica. 

Il treno arrivò in stazione a Forlì alle 16. Scesero dalla carrozza il Sindaco e la famiglia del defunto: il padre Raniero, la madre Virginia, la sorella marchesina Camilla, la fidanzata Alessandra Porro con la di lei sorella, e cugini. “La contessina Porro – si legge sul “Secolo” del 7 marzo 1919  – appena scende dal treno è colta da un tremito tale che viene sorretta”. Dal vagone fu portata fuori la salma “adorna di fiori bellissimi” con “otto rappresentanti del Comitato di Azione fra i Mutilati di Milano, e cioè i capitani Casò, Carpi e Fasani, i tenenti Janai e Tesseni, il caporale Cima ed i soldati Radighiero e Dino Roberto; scendono pure i forlivesi mutilati Narsete Laghi e caporale Mentore Ronchi”. La cronaca è piuttosto puntuale: “La cassa viene calata e portata sull’affusto di un cannone dai forlivesi maggiore Caparini, tenenti Massari e Santarelli e dai soldati Minelli, Ghelini, Lolli e Spazzoli”. Alle 16.30 si snoderà un corteo imponente, lungo oltre un chilometro “in mezzo a due fitte ali di popolo commosso”. Come avvertito, nel frattempo “il campanone della pubblica torre suona sempre i suoi lugubri rintocchi”. Il corpo del giovane eroe quindi viene collocato “su un ricco catafalco contornato da tripodi” nella sala del Consiglio Comunale e in tale occasione “il sindaco Bellini ha salutato la salma con un alato discorso”. 

Secondo quanto si apprende dal “Secolo” dell’8 marzo 1919, il giorno precedente, quello dei funerali, Forlì si presentava “tutta imbandierata” e “quasi tutti i negozi erano chiusi in segno di lutto”. Fin dal primo pomeriggio “la vasta piazza principale si gremisce di gente accorsa da ogni paese della Romagna per assistere alla mesta cerimonia”. Alla testa del corteo si notava “uno squadrone di Nizza Cavalleria seguito da un battaglione dell’11 Fanteria”, seguivano “esploratori forlivesi con stendardo” con “musica militare” e “rappresentanza dei pompieri municipali”. In testa al carro funebre “marciava zoppicante per mutilazione riportata in guerra, un ufficiale del Comitato di Azione di Milano” che reggeva “con religiosa cura” il medagliere del defunto in cui luceva più delle altre decorazioni l’oro al valore conferito dal Duca d’Aosta. Quindi “due gruppi di mutilati, invalidi e combattenti, seguiti da numerose corone di alloro rette da commilitoni del defunto”. L’affusto di artiglieria (lo stesso che era servito meno di un anno prima per trasportare la salma di Francesco Baracca) era trainato “da due coppie di cavalli” e “circondato da un picchetto di soldati”, “fiancheggiato dagli intimi dell’estinto”. Dopo i familiari sfilarono Sindaco, Prefetto, Comandante della Divisione Militare di Ravenna, altre autorità e rappresentanze tra cui i vari primi cittadini della Romagna. All’ingresso del Cimitero Monumentale di Forlì, “il sindaco Bellini ed altri oratori porsero il saluto estremo all’eroe la cui salma fu deposta nel Pantheon accanto alle tombe di Maroncelli e Saffi”. 

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